Il cancro batterico dell’actinidia è stato segnalato per la prima volta in Giappone nell’anno 1989 su piante di Actinidia deliciosa L., successivamente l’agente causale è stato caratterizzato e classificato come Pseudomonas syringae pv. actinidiae (P.s. pv. actinidiae).
Dal 2007, sintomi riconducibili all’agente del cancro batterico dell’Actinidia, sono stati ripetutamente osservati in particolar modo a carico di piante di Actinidia chinensis cv. Hort 16 A (a polpa gialla), ed in misura minore a carico di impianti di A. deliciosa cv. Hayward.
Il batterio si moltiplica per scissione binaria: ogni venti minuti dà origine a una nuova generazione e dopo solo sette ore, partendo da un singolo batterio se ne originano 2 milioni. Inoltre, nel corso della sua moltiplicazione, è in grado di mutare il genoma a seconda delle condizioni ambientali.
Il batterio Psa vive su superfici organiche e inorganiche. E’ in grado di sopravvivere per 8 giorni sulla plastica (materiale inerte), formando un biofilm protettivo, resiliente ai disinfettanti; sopravvive inoltre per 2 settimane sul legno e per 2 mesi sui residui colturali. Può sopravvivere anche per brevi periodi nell’acqua e nel suolo. Per questo sono essenziali il lavaggio e la disinfezione degli strumenti agricoli e di potatura.
La dispersione del batterio avviene tramite materiale propagativo infetto, per probabile diffusione naturale (schizzi di pioggia, vento, insetti, api, uccelli) e anche tramite abiti, calzature, strumenti e macchinari.
La forma virulenta Psa-V penetra anche all’interno delle pianta attraverso aperture naturali come stomi fogliari e lenticelle e da ferite di potature, legature, gelo e grandine. Solamente le elevate temperature estive sono in grado di ostacolarne la diffusione: infatti, pur presente, il batterio non riesce a moltiplicarsi e a diffondersi.
L’actinidia è interessata da altri batteri fitopatogeni, Pseudomonas syringae pv. syringae (P.s. pv. siringae), agente della necrosi fiorale batterica e Pseudomonas viridiflava, agente della maculatura su foglie. Questi batteri, in funzione degli andamenti climatici stagionali e delle pratiche agronomico-colturali adottate, sono in grado di determinare danni di tipo parenchimatico, a volte rilevanti, a carico di foglie, tralci, boccioli e fiori, ma anche di aumentare notevolmente il rischio di danni da gelo
Fonte
http://www.agricoltura.regione.lazio.it
AGROINNOVA – Università di Torino – Davide Spadaro